Scienza e poesia

Apparsa per la prima volta sulla rivista «L’Eroica» nel numero 169-170 del 1932 (dedicato a Cicogna), la prosa autobiografica Scienza e poesia, è il manifesto intellettuale dell’autore, una dichiarazione poetica di quell’eccitazione, che ci incoraggia a «proiettare lungo le vie dell’infinito il nostro desiderio di soprannaturale, e cercare di spegnere la nostra sete con l’acqua della conoscenza».

Dall’incipit del libro:

Coi Terlizzi credo di essermi guastato irrimediabilmente. Mi salutano, sì, quando mi incontrano, con una certa cordialità; mi invitano ancora, qualche volta, a prendere il thè; ma in fondo son braci di un fuoco spento.
Peccato. Peccato tanto più in quanto c’è stato un momento, verso il venti agosto dell’anno scorso, in cui potevo ritenermi, nell’opinione di Terlizzi, un uomo «arrivato».
La fine allampanata e spirituale contessa (donna Maria Rosa nasce Beaumé) pregiava tanto le mie liriche da promettermi almeno due volte la settimana di organizzare per me una serata al teatro Ugo Foscolo, con obbligo dell’abito da sera; il conte consorte colonnello Nestore Terlizzi in Beaumé adoperava sempre nei miei riguardi una specie di «vos majestatis». «Voi poeti» «Voi scrittori» «Voi artisti»… e la contessina Adele, tutta la regina di Olanda fuorché forse nelle ginocchia, che alla regina d’Olanda non ho mai viste, mentre a lei si vedevano benissimo sotto svariate visuali, si faceva un vero cruccio ch’io non scrivessi sul «Corriere della Sera»: e il solo modo di calmarla era il dirle che i giornali su cui scrivere mi piaceva sceglierli da me.