Morella

 

L’io narrante racconta di aver conosciuto Morella molti anni addietro, per caso; ne fu subito profondamente attratto, anche se gli ardori che lo presero «non erano quelli di Eros», e la sposò. La donna, erudita, trasmette il proprio sapere al marito. Ama in particolare gli studi filosofici e teologici, con una preferenza marcata per l’antica letteratura mistica tedesca, probabile retaggio dell’educazione ricevuta in Germania.

Il protagonista non è però sulla stessa lunghezza d’onda; mentre Morella si identifica con le sue letture mistiche, egli sente sovente «uno spirito proibito destarsi in lui», che Morella cerca di spegnere sul nascere con «qualche grave e singolare parola». A poco a poco, l’inquietudine e l’orrore che gli procurano il pensiero e i discorsi di lei vanno aumentando e turbandolo nell’intimo, cosicché quando la moglie si ammala e poi peggiora progressivamente, attende con ansia la sua morte. Chiamato l’uomo al suo capezzale, Morella gli comunica di sapere che lui l’ha aborrita e che, nonostante stia per morire, vivrà. Gli lascia «un pegno di quell’affetto – ah! così poco! – che egli ha provato per lei», nella creatura portata in grembo. Nel momento in cui Morella spira, la piccola vede la luce.

Inizialmente viene amata e ricoperta di ogni attenzione, anche se il padre la tiene all’oscuro della figura materna e non le permette di avere alcun contatto con il mondo esterno. A mano a mano che la bambina cresce, però, le sue fattezze e il suo spirito – sorprendentemente sviluppato in una persona della sua età, ed esperto dei rapporti umani, malgrado la reclusione imposta dal protagonista – ricalcano in modo sempre più preciso la defunta Morella.

L’uomo si sente nuovamente invaso da una profonda sensazione di orrore, del tutto simile a quella che gli suscitava la moglie. Quando la figlia compie dieci anni, stremato dall’inquietudine, vede nel battesimo «un mezzo di liberazione dai terrori della sua sorte». Non ha ancora pensato a come chiamare la bambina e, dinanzi al prete, un’inspiegabile ragione lo porta a pronunciare il nome di Morella. Allora l’infante si agita convulsamente, il suo volto assume «il pallore della morte» e, cadendo, dice: «Eccomi!». Il protagonista finisce preda della follia, la seconda Morella muore; quando la porta alla tomba per seppellirla, nota che le tracce della prima Morella sono scomparse. Il suo riso amaro e prolungato chiude il racconto.

Sinossi tratta da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Morella_(racconto).

Dall’incipit del libro:

Per la mia amica Morella, provavo un’affezione profonda, ma singolarissima. Capitato per caso, molti anni or sono, a contatto di lei, l’anima mia, dal primo momento, arse di ardori che non aveva mai conosciuto; ma non erano quelli di Eros, e amara e tormentosa riusciva al mio spirito la crescente convinzione di non potere in alcun modo definire il loro insolito significato o regolare la loro vaga intensità. Tuttavia c’incontrammo; il destino ci unì davanti all’altare; e io non le parlai mai di passione, né ebbi pensieri d’amore. Lei però sfuggiva la società; e, attaccandosi soltanto a me, mi rendeva felice. È felicità lo stupore, felicità sognare.
Morella era profondamente erudita. Come spero dimostrare, i suoi talenti non erano di ordine comune, la potenza della sua mente era formidabile. Io me ne accorsi e in molte materie divenni il suo scolaro. Tuttavia ben presto mi avvidi che Morella, forse perché educata a Presburgo, mi poneva davanti molti di quegli scritti mistici che vengono in generale considerati come la zavorra della più antica letteratura tedesca. Questi, per ragioni che non potevo immaginare, formavano il suo studio costante e favorito; e se col tempo divennero anche il mio, deve venire attribuito alla semplice ma efficace influenza dell’abitudine e dell’esempio.

 

 

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