Nuove storielle a Ninetta

 

Non si riconoscerebbe certo l’autore de L’Assommoir, di Germinal, de La Terre… nelle pagine squisitamente romantiche dei Nouveaux Contes à Ninon, apparsi dopo i primi Contes à Ninon, che fecero notare Emilio Zola nel 1864 a Parigi, allorch’egli combatteva con la povertà e con le umiliazioni. Eppure, in queste storielle (non saprei tradurre meglio la parola contes) si scorgono i germi delle future opere del possente romanziere realista. Aspiriamo il profumo del romanzo Le rêve, ma troviamo pure addentellati dei futuri romanzi sociali, accesi di zolfo e liberi. E nella poetica dedica “a Ninetta” leggiamo il modo d’intendere l’arte interpretando il vero, proprio di Emilio Zola, e cenni autobiografici di lui, che hanno l’accento della sincerità, come le descrizioni campestri delle Storielle.

Traduzione di Raffaello Barbiera.

Dall’incipit del libro:

Sono proprio dieci anni, mia cara anima, ch’io t’ho raccontato le mie prime storielle. Che begl’innamorati eravamo noi allora! Io venivo da codesta terra di Provenza, dove sono cresciuto così libero, così fidente, così pieno di tutte le illusioni della vita. Io ero tuo, ero di te sola, delle tue tenerezze, del tuo sogno.

Te ne ricordi, Ninetta? Il ricordo è oggi l’unica gioia, nella quale il mio cuore si riposa. Fino a vent’anni, noi abbiamo fatta insieme la stessa strada. Io sento i tuoi piedini sul duro terreno; io scorgo il lembo della tua bianca gonnella sul raso delle erbe avveniticcie; io sento il tuo alito fra gli odori della salvia che mi giungono da lontano come soffi di giovinezza. E le ore beate mi si fanno distinte. Era una mattina, in barchetto, sulla riva dell’acqua rinnovatasi appena, tutta pura, tutta rosea delle prime porpore del cielo; – era un mezzodì, sotto gli alberi, in un bugigattolo di foglie, colla campagna oppressa dal caldo, dormente intorno a noi, senza un brivido; – era una sera, in mezzo a un prato, lentamente inondato dal ceruleo del crepuscolo, che pioveva dalle colline; – era una notte, camminando lungo una via interminabile, andanti tutti e due all’ignoto, noncuranti delle stelle, col solo gaudio di lasciare la città, di smarrirci lontani, assai lontani, nel fondo dell’ombra discreta… Te ne ricordi, Ninetta?